Argonauta
Mattino. L’ora bussa alla porta. Una ruspa mi accarezza il collo.
Non so se credere agli uccelli o alle sirene.
La finestra fra gli occhi chiusi.
Frizione di motori accesi al rombo di un cammino corroso.
Parli, parli, ridi, scherzi e saluti. Non stride più il gallo, solo i pistoni.
Barche di suoni si salutano dalle rive opposte dei marciapiedi.
Una carrozzina scopre il mondo nella superficie.
Si svegliano i ricordi scordati, si scordano i pianoforti.
Soglia, sogliola…
Per dominare un sogno non basterebbe un Ercole.
Calamità non impedirebbero ad un cieco di vedere.
L’orizzonte racconta improvvisando, come un vecchio ubriacone.
Basta un “H” per salutare un sogno.
L’immacolato fermento si sbizzarrisce ad ogni crocicchio, il suo bazar è il mondo.
L’ascolto
Come accecati dalle nostre presenze non rendiamo conto della nostra relativa relazione col mondo.
A volte mi piace sapere che tutte queste certezze, questi bisogni siano destinati a soccombere.
Man mano che mi abbasso mi avvicino alla terra.
Poso l’orecchio fra l’erba e tutto è rumore; anche ciò che prima era silenzioso e strisciava, similmente ai vermi.
Il rutto di questo grasso benestante vale quanto il mio ascolto?
Il lume
Dovrei armarmi di una manciata di lucciole per vivere lontano dalle caverne.
L’odore dei monti chiama a corte milioni di stelle.
L’imbrunire è un giallo martirio; profuma di carne arsa in un rito funebre.
Simili a me siete voi, amanti dolci e lontani.
Ma io sono solo; amavo e mi avvicino alla follia.
Passaggi
S’impara presto a volare di notte quando gli uccelli non cantano più.
Le rondini dormono come sassi sotto la pietra dei passaggi bui.
Camminai per le vie del paese ricalcando sempre i soliti tragitti, alla ricerca di un vicolo non ancora costruito.
Ben presto esitai, udendo il rumore ripetuto dei miei passi.
La riva
Salverò le aspettative attendendo qui, sul bagnasciuga, che il mare mi scivoli addosso, come un fazzoletto.
Parlo agli arti di sogni cancellati fra la sabbia racchiusa in una mano.
Gli orizzonti sovvertono ogni taratura dei colori.
Le tartarughe le immagino sole a morire nel sole, con le rughe da vecchi decrepiti.
Un’immersione non basterebbe a toccare il fondo.
Il Viaggio
«Partirò su un cavallo bianco di lattice.»
Così disse il giovine non ancora giudice di se stesso.
Il vento lo stancò e lo spinse lontano, oltre gli oceani, verso spazi anonimi alle civiltà.
Le orribili menzogne gli apparvero in un varco fra le rocce, dove impossibile era nascondere i mucchi di ossa blanditi al cielo.
Si spinse più in là, dove più non udiva che il rumore del sole, e pianse; pianse così tanto che morì di sete.
Le lacrime, impaurite, si coalizzarono e divennero lago; il lago si stancò e scappò con un fiume: cercava compagnia fino al mare, dove si diceva ci fosse un’enorme folla.
Perdette la propria identità divenendo folle.
Due uova
Due uova caddero dal paniere rompendosi nel bel mezzo del cortile.
Tutti rimasero sbalorditi, eccetto me.
Sapevo che la vita si sciupa in un attimo e che solo in certi casi diventa dolce.
Microonde
Singolare che i morti siano vestiti meglio dei vivi, che siano più coperti, che loro solamente siano un tutt’uno con la terra. Essi (quasi tutti?) possiedono una casa dove riposare e, soprattutto, possono vivere in pace, nel silenzio dei loro corpi.
«Anche l’Uguaglianza è un piatto che si serve freddo?»
«Plurale maiestatis!»
Umore
Smettere di parlare, solitamente, comporta un sorriso verso gli altri.
Ma ciò che si chiede va oltre i caratteri umani e si stabilizza nell’aria, come un odore.
Un’aquila che uccide un passero nel silenzio del volo: questo è il pane dei sogni?
Il libro diventa rumoroso se sfogliato con cautela, e nulla può corrompere il suo alito.
Gravidanza, gravità…
Scesi dal colle, puzziamo di parchi lontani.
L’immondezza ci riconduce alla realtà delle preoccupazioni.
Ogni nostra speranza è fritta nelle sale del mezzogiorno.
La sera, invece, il saluto è un valzer.
Perché non chiedere di più alle risposte?
La leggerezza non manda in fumo le domande, ma le libera nell’aria; le getta al mondo, calamita delle calamità.
Sette quattro sette cinque uno due sette nove
L’altro giorno ti chiamai e mi dissi che non c’eri…….non c’eri quel giorno a Damasco che ti parlai di quando non c’incontrammo…….
Frizzanti rimorsi ti presero l’intestino mentre bevevi una motocicletta con Stravinsky al volante.
Frenetica era la vita del buttafuori: stare fuori, sempre fuori, buttare gente fuori; non farla entrare nel tuo segreto selvaggio.
Correvi di nascosto fra la gente avversa alle contraddizioni.
Le stragi portano buoni consigli alla veglia, e anche alla noia.
Partiture di sorrisi sono prescritte ad ogni festa,
ma specialmente dove l’agnello siede a tavola con il proprio lupo.
Vergine?
Corpi vivi ammutoliti dall’aria insana, parole e odori.
Giaci candida in un morbo fiorito.
Le tue gesta riciclabili in nuovi spazi pubblici e le orchidee asciugano gli attimi.
Vivi di pane e di solletico. Compili pagine di domande che non sai rivolgerti.
Asciughi il sudore coi rimpianti e le illusioni.
Febbraio è un attimo di paura prima della partenza. Non saper dove andare accresce la voglia. Cresce l’erba. Il fango sostituisce la neve e macchia i vestiti.